Per quanto sembri incredibile, alla fine del 2021 siamo ancora a discutere se tra uomo e donne ci siano delle differenze strutturali che impediscano alle seconde di ottenere pari opportunità. A riaprire il dibattito sono state le parole pronunciate dallo storico e divulgatore Alessandro Barbero durante un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa, che hanno immediatamente suscitato un diluvio di polemiche sia sui social che in tv.
Rispondendo ad una domanda sulle difficoltà delle donne a fare carriera o ad ottenere pari retribuzione rispetto agli uomini, Barbero ha affermato: “Di fronte all’enorme cambiamento di costume degli ultimi cinquant’anni, viene da chiedersi come mai non si sia più avanti in questa direzione. Ci sono donne chirurgo, altre ingegnere e via citando, ma a livello generale, siamo lontani da un’effettiva parità in campo professionale. Vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali tra uomo e donna che rendano a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. È possibile che, in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda” (La Stampa, 21 ottobre 2021).
Il pensiero espresso da Barbero ha suscitato indignazione e preoccupazione da parte di politici e giornalisti, ma anche di persone comuni ed alle quali hanno risposto sulle pagine dello stesso quotidiano anche la scrittrice Dacia Maraini e l’immunologa Antonella Viola.
La prima sottolinea come utilizzando un linguaggio simile si rischi il razzismo di genere e di dimenticare secoli di oppressione. Nella sua riflessione, Dacia Maraini, si è chiesta “Stranissimo che al popolare e sapiente Barbero non venga in mente che siamo figli della storia. E che, se esiste una cultura dominante che ha sempre escluso le donne dai luoghi delle decisioni importanti colpevolizzandole e denigrandole (hanno il cervello più piccolo, sono prive di anima, una di loro ha addentato la mela della sapienza per cui ha provocato la cacciata dal paradiso terrestre, non sono razionali, sono prive di coscienza civile…), ha creato nelle stesse donne delle reticenze, delle paure, delle timidezze che impediscono loro di comportarsi con la libertà e la sicurezza di chi è sempre stato dalla parte del potere?”. Continua Maraini: “Le donne mancherebbero, secondo lui, di «aggressività, spavalderia e sicurezza» per ragioni strutturali, ovvero biologiche. Inviterei Barbero a leggere Il secondo sesso di Simone De Beauvoir, che comincia con la famosa frase: «Donne non si nasce, lo si diventa». Uno storico dovrebbe capire la verità che sta dentro a questa frase, che riconosce le differenze fra i sessi, ma dovute a millenni di separazioni, di sottovalutazioni, di calunnie, di enunciazioni, di racconti e di analisi che venivano fatti per giustificare lo stato di repressione e di schiavitù in cui erano tenute le donne” (La Stampa, 22 ottobre 2021).
Di natura scientifica è invece la risposta della professoressa Viola che, partendo dalla descrizione di un ipotetico esperimento, rivela quanto sia ancora diffusa la convinzione secondo cui, tra uomini e donne, l’organo che mostra le maggiori differenze sia il cervello e spiega come tale convinzione sia smentita da innumerevoli studi. Riguardo all’espressione “differenze strutturali” utilizzata da Barbero, l’immunologa scrive: “Se per differenze strutturali si intendono le differenze biologiche, legate dunque al sesso biologico, e se il mondo del lavoro a cui ci riferiamo è quello dei nostri tempi e non quello in cui l’essere umano doveva usare la forza fisica, allora questa affermazione è una stupidaggine colossale. Il corpo e la fisiologia di uomini e donne sono effettivamente diversi. E’ proprio a causa di questa varietà che la medicina non può che essere una medicina genere-specifica, che tenga conto non solo delle differenze di natura biologica ma anche di quelle sociali, economiche e culturali che impattano sulla nostra salute” e continua sostenendo “Se Alessandro Barbero parlando di «differenze strutturali» si riferisce quindi non a differenze biologiche ma all’azione continua, che agisce sin dall’infanzia, degli stereotipi di genere sulla personalità di uomini e donne, possiamo rimproverarlo di aver utilizzato dei termini equivoci ma non possiamo che condividerne il messaggio. Tuttavia, anche ammettendo che esista un problema di mancanza «di aggressività, spavalderia e sicurezza di sé» dovuta all’azione degli stereotipi culturali, la difficoltà che le donne incontrano nel raggiungere le posizioni apicali nel mondo del lavoro dipende da ben altro. Perché le vere «differenze strutturali» sono insite nella società e dipendono da una storica gestione del potere da parte degli uomini, che hanno definito il gioco e le sue regole e fino a pochissimo tempo fa sono stati anche gli unici arbitri e giocatori. È vero che oggi le donne sono scese in campo a giocare, ma arbitri e regole non sono cambiati”.
Noi di Le lenti del pregiudizio non possiamo che riconoscerci nelle parole di Dacia Maraini, di Antonella Viola e di tutte le donne e gli uomini che hanno manifestato il proprio dissenso e la propria indignazione.
Noi crediamo fermamente che l’unica via per cambiare questo stato di cose, per cambiare finalmente le “regole del gioco”, sia quella della lotta portata avanti da donne e uomini insieme. Sicuramente le donne sono le prime a non doversi tirare indietro e a dover continuare a perseverare nonostante le difficoltà, le delusioni e le frustrazioni, ma finché al loro fianco non ci saranno tutti quegli uomini che non la pensano come Barbero sarà molto difficile che le cose possano cambiare. Sono gli uomini che non devono spaventarsi di fronte ad una mamma, o futura mamma, in carriera; sono gli uomini che devono smettere di pensare che solo le donne hanno le qualità per prendersi cura della famiglia, dei figli, delle persone anziane o fragili in generale, e quindi smettere di relegarle in questo ruolo di cura, che inevitabilmente toglie tempo ed energie che potrebbero essere investite nella carriera.
Tutti possono e devono fare la loro parte: donne e uomini, giovani e meno giovani, esperti e cosiddetti “uomini della strada”.