di Stefano Pierpaoli (*)
Il tema dell’accessibilità, in questo caso riferito più specificamente all’audiodescrizione, è molto spesso ridotto a un concetto circoscritto alla possibilità di una persona cieca o ipovedente di vedere un film.
In realtà si tratta di un processo molto più ampio che deve essere conosciuto da tutta la società perché riguarda ciascuno di noi.
Andiamo per gradi cercando di costruire una visione più approfondita.
Cominciamo con la definizione di audiodescrizione: essa consiste nella creazione di una traccia audio aggiuntiva che descrive tutti gli elementi visivi a cui la persona ipovedente o non vedente non può avere accesso, quali costumi, setting, colori, espressioni facciali, caratteristiche fisiche ed azioni.
Solitamente l’audiodescrizione viene inserita nelle pause dei dialoghi.
Detto così sembrerebbe una semplice operazione tecnologica che offre un servizio.
Bisogna invece comprendere che la tecnologia non potrà mai creare un percorso inclusivo e che l’iniziativa accessibile garantisce solo in parte la reale partecipazione alla vita della comunità.
Diciamo che la resa accessibile di un film è un ottimo punto di partenza al quale bisogna poi aggiungere una serie di condizioni che producano una coscienza diffusa sul valore dell’esperienza culturale che si sta vivendo e condividendo.
Uno dei primi fattori da sottolineare è quello legato all’alfabetizzazione cinematografica. Un film non è solo la storia che viene rappresentata. Un film è composto da tanti elementi che devono essere riconosciuti per vivere appieno la narrazione filmica. Grazie a un intervento di apprendimento, reso possibile anche dall’audiodescrizione, si potrà partecipare a una proiezione con una consapevolezza maggiore ed essere più protagonisti di questa esperienza.
L’altro aspetto da mettere in risalto è il collegamento storico e sociale di un film. Sappiamo tutti che il cinema ha offerto chiavi di interpretazione e di conoscenza di grandi dinamiche sociali. Da questa analisi possono nascere riflessioni, confronti, dialoghi tra cittadini che rendono possibile l’avvicinamento tra persone.
Questo è il cuore di un modello inclusivo valido ed efficace e, come si è visto da questi due esempi, nasce da un processo legato alla conoscenza di ciò a cui si partecipa e dei contesti a cui è collegato, il tutto portato poi su un piano di effettiva condivisione.
Essere in una sala cinematografica non vuole dire solo guardare un film. Essere in una sala cinematografica vuole dire essere in un momento della comunità nel quale succede qualcosa condiviso con gli altri in un viaggio che continuerà a prescindere dal film. La conoscenza, l’informazione, la possibilità di interpretazione che ci dà la visione di un film è un fattore che ci deve accompagnare anche fuori dalla sala cinematografica.
Su questi principi si è basata tutta l’attività di +Cultura Accessibile-Cinemanchìo perché la nostra convinzione è che un diritto riconosciuto può essere poi esercitato solo grazie a una crescita culturale di tutta la società.
Ecco perché l’accessibilità non deve riguardare solo una categoria di persone ma deve essere sentita come uno strumento fondamentale per far crescere tutti noi in una società che promuove l’inclusione e la partecipazione attiva di ogni individuo.
(*) Project manager culturale, direttore del Filmstudio di Roma e direttore generale di +Cultura Accessibile Cinemanchio